Giorno 7 di quarantena.
Domenica.
Domenica al Sud.
Domenica al Sud nell’ora di pranzo.
In casa c’è silenzio, l’unico rumore udibile è il ticchettio dell’orologio, le dita che battono sulla tastiera, il vento e i miei pensieri.
Loro si che fanno rumore, ancora di più quando si uniscono a quelli di parenti, amici, genitori..
Ancora di più se compaiono di domenica, una bella domenica assolata, di quelle che trascorri con gli occhiali da sole inforcati sul naso e con quello stesso naso senti il profumo del mare, a pochi metri da te, mentre sorseggi un buon caffè con un amico dopo aver terminato il pranzo dalla nonna.
E già, è così la tipica domenica del Sud.
Mi immagino le nonne e le mamme che al telefono la prima domanda che viene fuori è “Che cosa prepari per pranzo?”. Perché qui il pranzo domenicale è un’ istituzione, perché qui ogni domenica è Natale, perché qui l’assembramento è normale. Tutti seduti intorno a un tavolo che ci obbliga a stare vicini, a toccarci, a darci una pacca sulla spalla, a farci un selfie abbracciati.
È difficile stare lontani, soprattutto di domenica. Non sentire le voci che discutono di calcio, non sentire il rumore del ragù che bolle, il rumore dei bicchieri che tintinnano e le affermazioni che ne seguono, sempre quelle, sempre le stesse: “Questo vino è più buono di quello dell’anno precedente!”- “No, quello era migliore, questo è ancora acerbo!”- “Che dolce hai preparato?”- “Speriamo il tiramisù!”
Ecco, chi è del Sud non faticherà a riconoscersi in queste parole, nel caos della domenica, nei gesti che ci sembravano normali, ma che oggi ci sembrano una minaccia.
È difficile resistere a questo silenzio, ma è un silenzio che parla di speranza, di lotta, di solidarietà. E , speriamo presto, di guarigione.